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Mostra sulla storia di Oreno e la sua Chiesa – dal 10/09 al 24/09

In occasione dei 450 anni della parrocchia di S. Michele è stata allestita una Mostra davvero interessante per ricordare le profonde trasformazioni che si sono registrate sia dal punto di vista storico-ambientale, che da quello liturgico. Basterà osservare gli oggetti che sono in mostra per evocare pensieri e non solo emozioni.

I plastici, realizzati con grande abilità da Renato Mandelli, ci permettono di vedere come si è realizzato a Oreno il primo insediamento, a partire dalla famiglia romana degli Enni nel 38 d.C. La loro casa (attualmente è la via G. Scotti dove c’è il laboratorio del tappezziere Brioschi e l’entrata del Basell) e il tempio dedicato a Giove (in piazza S. Michele, dove oggi c’è il ristorante Madera).

Ancora più interessante è la ricostruzione di Oreno circa due secoli fa, prima cioè che nel 1857 venisse costruita la terza chiesa in onore di S. Michele. Si vede chiaramente che una strada (quella che univa Vimercate ad Arcore) passava all’interno del parco della famiglia Gallarati Scotti, c’era una fontana (è stata ricostruita in un altro plastico) e, soprattutto, che non esisteva ancora la piazza, perché in quel posto c’era il giardino della casa del parroco, ricco di alberi, quasi un boschetto.  L’attuale chiesa di S. Michele, la terza, fu costruita da don Giuseppe Leoni, spostandola in modo da creare un “cannocchiale” dalla casa Gallarati Scotti, che aveva girato l’ingresso principale verso la piazza, fino all’attuale monumento ai caduti.

La Mostra è anche l’occasione per esporre oggetti sacri di valore artistico, oltre che essere testimonianza della fede dei nostri padri. Sono custoditi in un armadio, a lato dell’altare, e, benchè siano dietro una vetrina, il luogo non è facilmente accessibile. Altri arredi sono conservati nei mobili della sacrestia.

Vedere i messali e i libri di preghiera, le vesti liturgiche, gli oggetti utili per le processioni, non siano semplicemente il motivo di rimpianti, il ricordo di tempi passati, ma ci aiutino a capire che il modo con cui manifestiamo la nostra fede, come ogni espressione umana, muta secondo le diverse culture storiche e geografiche.

Grazie al grande lavoro di Mario Motta che da una vita archivia in parrocchia “i segni dei tempi”.

Mi piacerebbe esporli più frequentemente e, soprattutto, riflettere maggiormente sui cambiamenti, sull’opera dello Spirito Santo che da duemila anni ci guida verso il Regno dei cieli.