I Parroci

Da ottobre 2009 le parrocchie di Oreno, Vimercate, Ruginello, Velasca e Burago Molgora sono diventate un’unica Comunità Pastorale “Beata Vergine del Rosario”, il cui responsabile è don Mirko Bellora.

Il referente per la Parrocchia di Oreno è don Eugenio Calabresi.

In caso di necessità ecco come contattarlo:

Tel. 333 3382310 – Email: doneug_calabresi@alice.it

Casa parrocchiale: tel. 039.669730

Don Mirko Bellora

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Sono don Mirko Bellora e dal prossimo 4 ottobre ’09 sarò chiamato ad essere il responsabile della Comunità Pastorale “Beata Vergine del Rosario”, una comunità che unisce le parrocchie dell’intera città di Vimercate e la parrocchia S. Vito e Modesto di Burago Molgora.

Sono nato il 18 novembre 1946 e mi avvio al 40° anno di sacerdozio visto che sono stato ordinato prete il 27 giugno 1970. Dal 1970 al 1974 sono stato vicario parrocchiale a Sacconago di Busto Arsizio, dal 1974 al 1984 vicario parrocchiale per la pastorale giovanile a Desio nella parrocchia SS. Siro e Materno, nel 1984 ho iniziato la mia esperienza da parroco a S. Giuseppe in Monza, continuata dal 1994 fino ad oggi a Milano in S. Maria del Suffragio. Dal 2005 sono Decano del Decanato di Romana – Vittoria, una realtà ecclesiale di oltre 91.000 abitanti.

In questi giorni convivono in me due sentimenti apparentemente opposti – il timore e la gioia – perché mi è dato di vivere una nuova e importante “sfida” pastorale … ma da sempre amo le sfide perché mi impediscono di sentirmi arrivato, di adagiarmi, di crogiolarmi nel passato e perché mi invitano e obbligano a inventare e a sognare. Per tutti e con tutti.
Inizio quindi una nuova stagione, un nuovo amore e come ogni innamorato sono certo – come racconta un antico detto – di non incontrare fiumi senza guado.
Anche in questa nuova avventura mi faccio avvolgere e sospingere da un augurio che mi è molto caro e che mi ha sempre accompagnato:

Da prete-parroco sii sempre
una favola per i bambini
un sogno per gli adolescenti
una inquietudine per i giovani
un fratello per gli adulti
una carezza per gli anziani
un elisir per gli ammalati

Voi proibitemi di essere un parroco clericale, un “funzionario”, aiutatemi ad essere un parroco-pastore, ministro della gioia e della eccedenza evangelica. Voglio essere un prete del Concilio Vaticano II, quella straordinaria e profetica stagione in cui la storia della Chiesa si è intrecciata, come forse mai prima era avvenuto, con la vicenda dell’umanità intera. Se questo Concilio non ci fosse stato sarei un’altra “figura spirituale” di prete. Sono convinto che, come il Vangelo, il Concilio non è superato. Piuttosto non è stato ancora raggiunto.
Insieme cercheremo di costruire la Chiesa del Vaticano II, cioè una Chiesa radicalmente evangelica e fraterna, che sa vivere e annunciare il volto misericordioso di Dio, pienamente corresponsabile e missionaria, entusiasta del Vangelo, esperta in umanità, una comunità non ripiegata su se stessa ma protagonista vivace della splendida città di Vimercate.
Sarà bello – sacerdoti e laici – pensare e progettare insieme, arrivare a scelte pastorali condivise e incisive, costruire luoghi di discernimento comunitario.

Afferma l’Arcivescovo Paolo Rabitti, presidente della Commissione episcopale per il laicato:

Cosa si chiede ai laici per la vita della Chiesa? Si chiede tutto! E che nessuno si senta più estraneo, ospite, mero fruitore della Chiesa, bensì suo “socio costruttore”. Un’inconscia diffusa psicologia nel corpo ecclesiale ha ingenerato l’idea errata che i sacerdoti siano i “gestori” della Chiesa e i laici i “clienti”; i sacerdoti i responsabili, i laici i “delegati”. Mentre invece la Chiesa è di tutti, costituita da tutti, costruita da tutti.

Insieme daremo vita alla Chiesa conciliare dei volti, una Chiesa che non possiede facili risposte ma che si lascia “inquietare” dalle domande. Come ha detto magnificamente bene il vescovo francese mons. Albert Rouet:

Mi piacerebbe una Chiesa che osi mostrare la sua fragilità. Nel Vangelo non si nasconde che il Cristo ha avuto fame e che è stato stanco. Talvolta la Chiesa dà invece l’impressione di non aver bisogno di nulla e sembra che gli uomini non abbiano niente da darle. Vorrei una Chiesa che si metta ad altezza d’uomo senza nascondere che è fragile, che non sa tutto e che anche lei si pone delle domande.

Sogno una Chiesa che viva all’ombra e viva al sole … all’ombra della Parola di Dio, al sole dell’Eucarestia.

Nel rigo 39 del salmo 105 si canta Dio che guida gli Ebrei nel deserto. Il testo ufficiale della Chiesa lo traduce così: “distese una nube per proteggerli”. Alla lettera è invece: “stese una nuvola come un tappeto”. Dio spiana in cielo il suo cirro ed esso, per effetto dell’ombra che produce, forma in terra una traccia. Gli Ebrei levano lo sguardo al cirro disteso la cui ombra si stende come un tappeto, si affidano alla segnaletica celeste. Quel tappeto è la Bibbia … (Erri De Luca, Una nuvola come tappeto)

Senza la domenica non possiamo vivere dicevano i primi cristiani. Questa affermazione, questo “urlo”, questo “segreto” arrivi fino a noi con tutta la sua freschezza e la sua potenza, la sua gioia e il suo splendore. Sogno cristiani “gelosi” dell’Eucarestia domenicale che si accostano all’Eucarestia, alla Messa, come ci si accosta all’amore … in punta di piedi, irresistibilmente attratti dall’invito e dalle promesse della Pasqua di Gesù.

Quella della Comunità Pastorale “Beata Vergine del Rosario” dovrà essere davvero una esperienza nuova e originale … saremo chiamati a “sconfinare”, ad andare oltre i confini delle vecchie parrocchie. E se è vero che i confini sembrano proteggere dall’inatteso e dall’imprevedibile, sembrano promettere sicurezza, sono sempre più convinto che solo chi “sconfina” vede meglio e sa far germogliare il nuovo dentro e fuori di sé. Per questo mi sento profondamente in sintonia con quanto afferma lo scrittore G.B. Shaw:

Ci sono alcuni che, vedendo le cose come sono,
si domandano: perché?
Io sogno cose che non ci sono mai state
e mi domando: perché no?

In questa seducente avventura mi affido a Maria, donna audace che si è fidata perdutamente del Dio dell’impossibile. A lei chiedo di saper essere un parroco dagli “occhi di gufo” … I gufi mi hanno sempre affascinato (ne ho una collezione di oltre 600 pezzi!), hanno occhi enormi, smisurati, occhi da icone! Molto prima di me hanno affascinato i Bizantini. Con loro gli occhi dei gufi sono diventati gli occhi di Dio … Da loro dobbiamo imparare ad avere occhi profondi, che vedono dentro e oltre, occhi che vedono nella notte, oltre il buio, che sanno vedere l’alba dentro un tramonto, che già sognano l’alba. Occhi di speranza.
A Maria chiedo di saper vivere e mostrare che è possibile e insieme splendido amare Dio con cuore di carne e amare la carne con cuore di Dio.

Don Mirko Bellora

Fonte: http://www.donmirkobellora.it/


Don Marco Caraffini

Don Marco Caraffini nasce a Milano il 7 settembre 1957, figlio di Gianfranco e di Carla Bollini. Viene battezzato il 13 settembre 1957 nella parrocchia di San Protaso, dove riceve la Prima Comunione (25 aprile 1966) e la Cresima (10 maggio 1966). Ordinato sacerdote dal cardinale Carlo Maria Martini il 9 giugno 1984, è destinato come vice parroco nella parrocchia milanese di Sant’Ambrogio dove rimane fino al 1996. Dal 1985 al 1996 è canonico minore della basilica di Sant’Ambrogio. Nel 1996 viene trasferito come vice parroco nella parrocchia milanese di San Simpliciano. Il 4 ottobre 2006 è nominato parroco della parrocchia di San Michele Arcangelo di Oreno.

È il primo parroco della chiesa orenese che abbia maturato una così lunga esperienza pastorale nella città di Milano, oltretutto in due tra le più antiche parrocchie del centro, cariche di storia, di arte e di spiritualità: Sant’Ambrogio e San Simpliciano (quest’ultima a strettissimo contatto con la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale). La prospettiva che si apre per Oreno è quella di una comunità ancora cristianamente viva su cui può innestarsi la preparazione, teorica e spirituale, di un giovane parroco già pastoralmente maturo e teologicamente preparato. Appena giunto in parrocchia don Marco ha provveduto agli interventi indispensabili in casa parrocchiale e in chiesa (due nuovi servizi, uno per disabili); ha sentito la necessità di aggiungere nel progetto di rinnovamento dell’oratorio altre due aule per la catechesi. Con il recupero dell’altare il cui marmo di Candoglia fu dono di monsignor Domenico Bernareggi, il salone al primo piano è potuto diventare anche cappella. In occasione del passaggio di consegne a un nuovo custode è stata risistemata la foresteria.

Il 30 settembre 2007, in occasione della festa patronale, in cui la comunità ha ricordato i 150 anni dalla costruzione della chiesa di San Michele, ha benedetto il nuovo salone Adriano Bernareggi al termine dei lavori di ristrutturazione.

La sua impronta pastorale si caratterizza per la volontà di non considerare parrocchiani solo coloro che frequentano le funzioni religiose, ma di cercare un rapporto con ognuno attraverso la visita personale alle famiglie, da svolgere nell’arco di due anni. Anche il giornale parrocchiale “In cordata” è stato potenziato nel numero di pagine e nella frequenza mensile con l’intento di essere voce di tutti e di giungere a tutti. Una maggior attenzione e responsabilizzazione al laicato, responsabilizzato anche in una prospettiva ormai imminente di Unità Pastorale, quando cioè la presenza del parroco non potrà più essere garantita per ciascuna delle cinque parrocchie di Vimercate. È stata riproposta la formula dei punti di ascolto nelle case per le catechesi quaresimali del cardinale; attenzione è stata data ai Consigli Pastorale Parrocchiale ed Economico, perché confrontandosi con le indicazioni del vescovo e tra le varie componenti della parrocchia possano essere un valido strumento di consiglio al parroco, supportandolo nelle scelte pastorali.

Sono state proposte l’estensione a tutta la comunità parrocchiale del percorso biblico del Gruppo Famiglie, le catechesi e incontri con le altre parrocchie della città, una preparazione al sacramento del Battesimo realizzata da parroco e laici insieme.

L’obiettivo del nuovo parroco è in sostanza quello di far passare la comunità da una “fede di tradizione” a una “fede di convinzione”, espressione cara a Giovanni Paolo II, che dice la necessità di non fermarsi a vivere le iniziative soltanto come frutto di una buona abitudine, ma di imparare anche a motivare per se stessi e agli altri le proprie scelte di vita, il proprio servizio nella chiesa locale.


Don Luigi Brambilla

Don Luigi Brambilla nasce a Sulbiate (Mi) il 27 gennaio 1946.

Ordinato sacerdote il 27 giugno 1970 viene destinato come vice parroco alla Parrocchia di Fagnano Olona (Va). Nel 1985 viene trasferito come parroco nella parrocchia dei Santi Marcellino e Pietro di Imbersago (Lc) dove rimane fino al 1994, quando viene trasferito come parroco alla parrocchia di San Michele Arcangelo di Oreno. Nel 2006 lascia Oreno perché nominato parroco della parrocchia dei Santi Quirico e Giulitta a Locate Varesino (Co).

Quando don Luigi si insediò nella parrocchia di Oreno era ancora fresco delle opere di restauro realizzate a Imbersago: notò subito gli interventi da fare con urgenza nella nostra chiesa.

Nel ministero si dedicò a tutti, ma fu particolarmente apprezzato dagli anziani e dagli ammalati, che visitava con regolarità. Dimostrò sensibilità al mondo del lavoro e attenzione caritatevole ai poveri; si distinse negli interventi al Centro di Ascolto per la sincera attenzione alle persone senza lavoro e senza abitazione. La pronta disponibilità con cui riaprì all’accoglienza gli ambienti sopra la casa parrocchiale ne è la miglior prova.

Con ragazzi e giovani intrattenne un costante rapporto di sincera amicizia e di scherzosa convivialità.  Fu lui l’iniziatore della vacanza in montagna con i ragazzi dell’oratorio. L’umiltà, la mitezza del carattere e l’attenzione agli ultimi hanno contraddistinto la sua figura e il suo ministero a Oreno.

Negli anni novanta e nella prima metà del decennio successivo, in cui fu parroco don Luigi, continuò la tendenza in atto: furono, e lo sono ancora, gli anni dello smantellamento ideologico, del disarmo culturale delle varie militanze, della fine delle appartenenze partitiche, della disillusione e, forse anche, di un certo sollievo. Sono anche gli anni in cui, ma questo è appannaggio di chi ha attraversato le molte temperie che si sono alternate, sarebbe utile fare una sintesi e cogliere la relatività e la caducità di potenze che sembravano intramontabili: sono passati regimi, partiti, leader. Sarebbe il momento di cogliere la verità delle parole: “Il cielo e la terra passeranno, ma la mia parola non passerà”; eppure proprio la fede e la Parola di Dio sono diventate delle verità opinabili.

Don Luigi, appena arrivato, ripristinò l’uso dei padiglioni dai vari colori liturgici sull’altare maggiore.

Resosi immediatamente conto dei danni che il riscaldamento aveva arrecato alle pitture, alle decorazioni e agli stucchi dell’edificio, il parroco mise mano al progetto di sistemazione radicale dell’impianto termico con una nuova istallazione sotto il pavimento; colse l’occasione per la sostituzione della vecchia pavimentazione in granito con una più elegante e consona pavimentazione in marmo. Provvide alla bonifica delle fondamenta minacciate dall’umidità, al consolidamento delle capriate portanti il tetto della chiesa, al rinforzo della facciata nel contesto dell’intelaiatura perimetrale. Gli interventi sul pavimento resero necessarie anche modifiche della pavimentazione dell’altare maggiore.

Predispose due loculi ai piedi dell’altare della Madonna per la futura traslazione della salma di monsignor Domenico Bernareggi e dell’abate Mozzi.

Sistemati pavimentazione e impianto termico si completò l’opera iniziata da don Tarcisio con il restauro della navata centrale. Il rifacimento della decorazione della navata centrale riportò alla luce i due affreschi dell’altare maggiore di cui nessuno conosceva l’esistenza.

Altre sue realizzazioni furono la vetrata della cappella centrale del cimitero nuovo, la ristrutturazione e la messa a norma della casa d’accoglienza, l’ampliamento del bar del Circolo ACLI, la sistemazione della foresteria parrocchiale per l’accoglienza del sacerdote orenese  don Luigi Meda (settembre 2006).

Nel gennaio 1996 diede inizio alla pubblicazione del giornale parrocchiale “In cordata” con il desiderio di raggiungere tutti i parrocchiani, anche quelli meno fedeli, e di coordinare le varie componenti della vita pastorale della parrocchia.

Qualche momento di fatica e di tensione conobbe il progetto di sistemazione del teatro Adriano a Sala della Comunità in una logica polifunzionale; don Luigi ebbe comunque, prima del suo nuovo incarico pastorale, la soddisfazione di benedire le strutture della Polisportiva Ausonia e i camerini del nuovo teatro.


Don Emilio Giavini

Don Emilio Giavini nasce a Busto Arsizio il 23 ottobre 1944.

Trascorre l’infanzia con i genitori e le sorelle a Fagnano Olona (Va). Nell’ottobre 1955 fa il suo ingresso nel seminario di Masnago per frequentare le medie; prosegue il biennio ginnasiale presso il seminario di Seveso, termina il liceo nel seminario di Venegono e lì continua gli studi di teologia. Ordinato sacerdote nel duomo di Milano il 28 Giugno 1968 dal cardinale Giovanni Colombo, celebra la prima messa a Fagnano Olona il 29 giugno seguente.

Dopo l’ordinazione sacerdotale viene destinato alla parrocchia di Binago come coadiutore per l’oratorio maschile, dove rimane fino al 1977, e successivamente come coadiutore per l’oratorio femminile di Busto Arsizio ove rimane fino al 1983 quando, nell’ottobre, viene inviato a Campione d’Italia con l’incarico di vicario amministratore.

Nell’ottobre del 1984 è nominato parroco di Oreno che lascia nell’ottobre 1994 perché eletto prevosto nella Parrocchia di Nerviano, dove si trova tuttora.

Don Emilio svolse con serenità il suo ministero pastorale a Oreno distinguendosi per la sua sensibilità e attenzione alla liturgia, che voleva precisa e curata.

Ebbe sempre un tratto di elegante amabilità e, conscio di non poter arrivare dappertutto, seppe avvalersi con intelligenza della capacità di delegare affidando compiti educativi, amministrativi, catechistici. Il pianto dirotto in cui proruppe quando, alla conclusione di una Eucaristia, comunicò la cessazione del suo mandato pastorale, fu la prova più bella del suo amore per la parrocchia.

Spentisi gli ultimi epigoni della contestazione, che avevano negli anni settanta dolorosamente segnato tutta l’Italia e le grandi città in particolare, ci si avviò, con gli anni ottanta a una apparente rappacificazione degli animi e alla uscita dal grigiore e dal peso degli anni precedenti. A Oreno, per fortuna, violenze non ce ne furono mai e non ci fu perciò nemmeno bisogno di grandi rappacificazioni. La caduta delle ideologie, che aveva inasprito gli animi anche quando non aveva armato le mani, avrebbe potuto essere l’occasione per un vero ritorno alla pace, alla serenità di rapporti e alla riscoperta dei valori più veri. Segnò invece l’inizio di un processo di rifiuto progressivo delle ideologie, ma anche degli ideali. Lentamente, ma costantemente, nelle città come nei paesi si avviò quel processo di riflusso nel privato e di disimpegno progressivo dal politico, dal sociale, dal religioso, che non si è ancor oggi arrestato.

Per quel che riguarda la storia della nostra parrocchia a contenere quel fenomeno di progressiva disaffezione dei giovani dalla pratica cristiana e dagli ideali evangelici intervenne la felice decisione del seminario milanese di inviare in parrocchia i diaconi, durante l’ultimo anno della loro preparazione al sacerdozio. Passarono così il sabato pomeriggio e la domenica nel nostro oratorio i diaconi Zaccaria Bonalumi (1989), Paolo Selmi (1990), Franco Santambrogio (1991), Luciano Angaroni (1992), Adriano Castagna (1993), don Augusto Egah (1994). Il contributo che questi diaconi diedero, nel momento delicato di cui sopra si è detto, fu decisivo nell’impedire il collasso della presenza dei ragazzi e dei giovani nella vita parrocchiale. Don Emilio ebbe il merito e l’intelligenza di cogliere che giovani così entusiasti e motivati come quelli che il seminario metteva a disposizione sarebbero stati una risorsa educativa preziosa; riservò infatti loro una accoglienza affettuosa ed ebbe l’intelligenza di lasciare loro ampio spazio d’iniziativa. La loro presenza segnò una generazione di ragazzi.

Don Emilio dimostrò la sua disponibilità anche ad accoglienze ben più impegnative. Quando la Caritas parrocchiale propose un progetto di lunga durata per extracomunitari poveri, fu subito favorevole all’iniziativa e accettò di adibire allo scopo i locali riattati sopra la canonica.

Don Emilio amava le cose belle e teneva al decoro, soprattutto nella casa di Dio. In chiesa e nella casa parrocchiale fece interventi di conservazione e ripristino.

A lui dobbiamo il restauro dei due angeli, che ornano il tempietto dell’altare maggiore, e quello del grande crocifisso pensile che sovrasta la navata centrale e la realizzazione del Centro sociale parrocchiale presso la “Sorgente”, in seguito al forzato abbandono del palazzo Foppa che, da proprietà della parrocchia era passato a proprietà dell’Istituto Diocesano per il sostentamento del clero, ricavandone anche un appartamento per il sacrestano.

Dopo quest’ultima operazione il Centro don Bosco divenne oratorio misto.

Sempre a don Emilio dobbiamo i quadri ricordo, in sacristia, di tutti i parroci della nostra parrocchia, dipinti da una nostra parrocchiana.

Il 31 gennaio 1987, in occasione della festività di san Giovanni Bosco, patrono del nostro oratorio, promosse il 1° “Giovannino d’oro”, libera competizione canora.

Con don Emilio crebbe e maturò la vocazione sacerdotale di don Osvaldo Ricobelli.


Don Enrico Gessaghi

Don Enrico Gessaghi nasce a Senago il 17 settembre 1928 da Franco e Giovanna Missaglia.

Consegue il diploma di media inferiore a Torino presso la Piccola Casa della Divina Provvidenza (Cottolengo).

A quindici anni entra nel seminario di San Pietro a Seveso; poi, per un biennio, frequenta il seminario di Venegono. Per due anni svolge la mansione di prefetto presso il Collegio di Lecco e infine il 18 maggio 1951 è ordinato sacerdote dal cardinale Schuster e celebra la sua prima messa il 19 seguente.

Suo primo campo di apostolato è la parrocchia di San Giulio di Cassano Magnago (Va). Nel 1967 è nominato parroco di Villastanza di Parabiago.

Nel 1974 diventa parroco di Oreno fino al 1984 quando rassegna le dimissioni e viene destinato alla parrocchia di San Carlo di Rimoldo in Valaperta di Casatenovo (LC) dove rimane fino al 1998.

Ritiratosi nella sua nativa Senago, muore il 25 agosto 2004.

Don Enrico fu amato dai giovani, che furono sempre al centro della sua ansia pastorale. All’oratorio aveva piantato la tenda: lì lavorava e accoglieva e lì, più che in canonica, era facile trovarlo.

Senza saperlo aveva declinato in dialetto brianzolo l’“I care” di don Milani: “Bisùgna casciàsela” diceva sempre ai suoi ragazzi, ai quali non risparmiava sfuriate e durezze, ma cui faceva sempre sentire  il suo affetto e la sua cura.

Le sue volontarie dimissioni, allo scadere dei dieci anni di ministero, colsero di sorpresa la parrocchia che però capì ragioni e spirito che l’animavano.

“Oreno – diceva  don Enrico – è oro” e gli restò sempre nel cuore.

Al suo arrivo don Enrico trovò la chiesa parrocchiale con le volte solo parzialmente restaurate: la morte di don Tarcisio aveva imposto la sospensione dei lavori. Il suo primo intervento fu perciò quello di realizzare il completamento della decorazione della navata sinistra (della Madonna); la destra era già completa; rimandò invece il rifacimento della navata centrale perché gli premeva porre subito mano alla ristrutturazione del Centro don Bosco. Lo snodo del  suo ministero fu quello; in oratorio formò la futura generazione di parrocchiani e anche la generazione più matura dei genitori venne coinvolta nei percorsi di preparazione catechistica dei ragazzi; in oratorio, ancora, avrebbe creato uno spazio di aggregazione per famiglie e di incontro per gli anziani. Nella guida dei ragazzi i suoi punti di forza furono il colloquio personale e la confessione. Ma non aveva studiato a Torino per niente e aveva ben assimilato lo spirito di don Bosco; sapeva animare l’oratorio con i giochi, le passeggiate, i tornei, le gite turistiche;  stimolò sempre l’attività teatrale fondando e incoraggiando la Filodrammatica.

Grande amore nutrì anche per la liturgia, che voleva seguita attentamente nelle prescrizioni, ma soprattutto nelle disposizioni. Per questo istituì una vera scuola di chierichetti, che raggiunse il numero di quasi quaranta ragazzi in servizio attivo. Per lui quello era non solo un momento di servizio liturgico, ma anche un importante momento formativo: educava all’attenzione, al rispetto, al senso del sacro, alla puntualità, alla disponibilità. E non solo i chierichetti; la stessa cura esigeva da lettori e capicoro.

Alla sua pietà e al suo senso liturgico si devono alcune iniziative come la settimana di “deserto”, cioè di preghiera eucaristica e di meditazione contemplativa in un contesto adatto, la settimana precedente la domenica delle Palme; la processione penitenziale ai cimiteri la prima domenica di Quaresima; il rosario al cimitero, per gli uomini, la sera del 1° novembre; la Missione cittadina del 1976.

Durante la visita del sacerdote in occasione della benedizione natalizia della casa introdusse l’usanza di far preparare il tavolo con una candela accesa, l’acqua benedetta e il Vangelo.

A don Enrico si deve ancora l’istituzione del primo Consiglio Pastorale, la ristrutturazione della casa e dell’archivio parrocchiale, la sistemazione della cappella centrale del nuovo cimitero e della tomba delle suore, l’introduzione del foglio settimanale “Comunità Orenese”.

La ristrutturazione del Centro don Bosco, nella quale profuse entusiasmo ed energie insieme ad alcuni stretti collaboratori, iniziò il l8 ottobre 1976 e vide la sua inaugurazione nel 1982 con la presenza del cardinale Martini.

Don Enrico ebbe la soddisfazione di vedere consacrati sacerdoti gli orenesi: padre Giovanni Frigerio, don Alfredo Maggioni, don Claudio Maggioni.

Negli ultimi tempi, quando ormai si era ritirato dalla responsabilità parrocchiale anche a Valaperta, agli amici che ancora lo visitavano e gli chiedevano: “Come stai, don?” rispondeva: “Come il Signore vuole!”.


Don Tarcisio Zaffaroni

Don Tarcisio Zaffaroni nasce a Castellanza in provincia di Varese il 9 febbraio 1913 da Giovanni e Antonietta Moroni. Quasi subito dopo la sua nascita la famiglia si trasferisce a Legnano.

Ordinato sacerdote il 22 maggio 1937 venne destinato coadiutore a Dugnano dove rimase per 4 anni; fu poi trasferito, sempre come coadiutore, a Sovico. Il 16 luglio 1950, festa liturgica della Madonna del Carmine e terza domenica di luglio anniversaria della dedicazione della chiesa parrocchiale, fece il suo solenne ingresso a Oreno come parroco.

Un male incurabile troncò prematuramente la sua solerte attività pastorale. Morì il 21 gennaio 1974.

Don Tarcisio si caratterizzò per l’intraprendenza nell’adeguare le opere parrocchiali e nel crearne di nuove. Il Centro don Bosco è stata la sua più felice realizzazione.

Negli ultimi anni fu amareggiato nel vedere affermarsi in parrocchia le idee della contestazione, con una crescente disaffezione dei giovani alla vita di fede e alle iniziative parrocchiali.

Alla sua morte fu trasmesso un intenso saluto di commiato, registrato sul suo letto di malato terminale, che commosse fino al pianto i fedeli che gremivano la chiesa.

Devotissimo alla Madonna, sulla quale scrisse alcuni libretti devozionali, e votato al culto della Vergine Ausiliatrice, sostituì la statua della Madonna Immacolata che si venerava nella cappella della nostra chiesa con quella della Madonna Ausiliatrice; costituì nel 1952 la Compagnia di Maria Ausiliatrice. Molti sono gli orenesi che hanno conosciuto don Tarcisio e possono testimoniare come fosse solito recitare il breviario e preparare le sue omelie proprio davanti all’altare della Madonna;  là  aveva anche voluto che fosse il suo confessionale.

In occasione della ricorrenza del primo centenario della consacrazione della nostra chiesa parrocchiale,  predispose il rifacimento del tetto della chiesa e la collocazione sulla facciata esterna di un artistico altorilievo raffigurante san Michele, opera dello scultore Galletti. Da buon amante della musica e del canto e da apprezzato organista, dotò la chiesa di un eccellente organo, realizzato ancora dalla rinomata ditta Balbiani; lo dispose dietro l’altare maggiore dove sistemava anche la corale da lui rifondata e diretta.

Obbedendo alle nuove disposizioni liturgiche emanate dal Concilio Vaticano II, provvide a ricollocare in posizione più avanzata, più bassa e rivolta verso il popolo la mensa dell’altare maggiore. Per questa modifica sacrificò purtroppo le balaustre e le lampade pensili che le sovrastavano.

Nel 1962 mutò l’aspetto del battistero eliminando il ciborio ligneo che racchiudeva la vasca marmorea e rimuovendo il sovrastante deteriorato affresco raffigurante il Battesimo di Gesù; dotò la chiesa di nuove panche e realizzò un impianto di riscaldamento ad aria che, purtroppo, causò negli anni seguenti il deterioramento della decorazione. Nel 1967 introdusse il comando elettrico del suono delle campane (una delle prime parrocchie della zona ad adottare questo nuovo sistema), dopo aver provveduto nel frattempo alla rifusione di due grosse campane andate fesse (la 5a e la 7a), si impegnò nel rifacimento di alcuni paramenti liturgici e nel restauro dei grandi quadri.

L’ultima sua fatica, nel luglio 1973, fu quella di dare inizio a una nuova decorazione della chiesa partendo dalla navata laterale destra (di san Giuseppe), per poi arrivare a quella della Madonna, della quale però  non  vide il completamento.

Quando venne a Oreno, don Tarcisio, ancora animato dalla particolare sensibilità pastorale per il mondo giovanile che l’aveva caratterizzato a Sovico, riconobbe l’inadeguatezza delle strutture parrocchiali destinate ai ragazzi; si preoccupò quindi di reperire l’area per la costruzione di un più adeguato spazio educativo.

Il 2 luglio 1951 ebbero inizio i lavori e, dopo varie peripezie d’ordine economico (si vide costretto alla vendita dei due vecchi oratori maschile e femminile lasciati in eredità alla parrocchia da don Calchi Novati) il nuovo Centro don Bosco vide la sua ufficiale inaugurazione nel 1956 da parte dell’arcivescovo cardinale Montini.

Per l’oratorio femminile, invece, si dovette ancora attendere e don Tarcisio provvide a una sistemazione provvisoria. Trovando la disponibilità del palazzo Foppa, divenuto proprietà della parrocchia per merito del vicario spirituale don Marco Scandroglio, e con l’adattamento di alcune sale, nel 1951 vi trasferì l’oratorio femminile.

Diede vigore alle associazioni parrocchiali ricostituendo la conferenza di San Vincenzo per l’aiuto ai poveri, ripristinando la confraternita della Madonna del Carmine languente da anni, dando impulso all’Azione Cattolica e alle ACLI.

Nel 1954 promosse le Missioni cittadine che ripropose nel 1964; quale missionario delle carceri, nel 1959 venne ricevuto in udienza da Giovanni XXIII che gli ricordò padre Mozzi, sepolto nel nostro cimitero.

Nello stesso 1959 benedisse il nuovo cimitero di via Santa Rita da Cascia.

Verso la fine degli anni cinquanta e nei primi anni sessanta il tessuto sociale della parrocchia andava rapidamente mutando e sempre più numerosi erano i contadini orenesi che abbandonavano il lavoro della terra per impiegarsi nelle numerose industrie della zona; cominciava il processo migratorio in paese e andavano mutando le esigenze abitative; la famiglia da patriarcale e allargata cominciava a diventare più piccola e nucleare. Anche le esigenze abitative andavano cambiando e i vecchi locali di cortile, quasi sempre in affitto, venivano lasciati per appartamenti di nuova costruzione provvisti di maggiori comodità. Anche la parrocchia si adeguò alle mutate esigenze e, nel 1963, il parroco provvide alla vendita dei terreni di proprietà del beneficio parrocchiale e con il ricavato fece costruire il condominio San Tarcisio di via Madonna, oltre all’omonima cascina verso Arcore per i coloni che ancora andavano alloggiati. Con l’avanzo di capitale rimastogli, nel 1969 don Tarcisio diede inizio alla costruzione della “Sorgente” adibendola a oratorio femminile; poteva finalmente considerare concluso il progetto per nuovi spazi educativi concepito fin dall’inizio del suo ministero.

Don Tarcisio ebbe la soddisfazione di vedere due parrocchiani salire l’altare per la loro prima messa: don Luigi Meda (1954) e don Silvano Brambilla (1969).

Appena sessantenne, un male incurabile lo condusse alla morte in pochissimi mesi. Il decesso avvenne il 21 gennaio 1974. Ebbe sepoltura nella cappella centrale del nuovo cimitero di via Santa Rita da Cascia.


Don Francesco Calchi Novati

Don Francesco Calchi Novati nasce a Milano il 19 giugno 1874.

Cresciuto in una nobile famiglia dalle tradizioni sentitamente cristiane, ebbe un’educazione profondamente religiosa.

Fin da ragazzo seguì la vocazione sacerdotale, seguito dal fratello Pietro, poi vescovo a Lodi, dal fratello Carlo, poi parroco a Oldaniga-Ruginello e insignito dell’onorificenza di monsignore “camerlengo segreto” del papa; due sorelle abbracciarono la vita religiosa.

Dai nostri seminari diocesani Francesco passò a Roma, alunno del seminario Lombardo, e all’università Gregoriana dove si laureò in filosofia, teologia e diritto canonico.

A Roma il 19 dicembre 1896 ricevette l’ordinazione sacerdotale.

Docente nei seminari di Monza e di Milano, promosso cancelliere della curia milanese, il 19 ottobre 1915 venne nominato parroco di Oreno dove fece il solenne ingresso il 19 dicembre dello stesso anno.

Morì a Milano, all’ospedale San Vittore, il 3 aprile 1950 dopo 35 anni di attività pastorale a Oreno.

Don Francesco fu parroco di sapiente dottrina e di grande sensibilità umana; il suo lungo esercizio pastorale si svolse in uno dei periodi più tragici della storia italiana: cominciò ad appena sette mesi dall’inizio del primo conflitto mondiale e presto i lutti cominciarono a portare desolazione e scompiglio in paese.

La parrocchia ebbe i suoi numerosi Caduti e al parroco toccò quasi sempre la triste incombenza di annunciare la loro morte ai congiunti. A conforto spirituale delle famiglie in lutto promosse l’istituzione della Pia Unione del Transito di san Giuseppe e a sollievo delle difficoltà economiche delle famiglie private dell’apporto fattivo degli uomini in armi, nel 1916 riorganizzò la Società Mutua del bestiame, già Società Zoologica, e allestì la Biblioteca popolare.

Quando, nel 1918, avvenne il fatto del “fiore” alla Madonna della Stanga, il parroco si premurò di contenere il facile entusiasmo dei fedeli, che già gridavano al “miracolo”, ma promosse una serie di funzioni religiose in merito. Poi l’entusiasmo popolare scemò e i frutti economici risultanti dalle offerte spontanee dei numerosi fedeli, anche forestieri, vennero usati per il miglioramento della cappella della Madonna nella chiesa parrocchiale.

Cessato il primo conflitto mondiale, il parroco si fece subito promotore dell’erezione del monumento ai Caduti, iniziativa poi abbracciata dall’amministrazione comunale e nel 1919 intraprese l’opera della nuova sacrestia, che prima si trovava nei locali dell’ex penitenzieria degli uomini, angusta e insufficiente alle necessità; incaricò l’architetto Bagatti Valsecchi di studiare la nuova decorazione della chiesa e la nuova pavimentazione, che videro la loro ultimazione nel 1924.

Una delle sue prime preoccupazioni fu quella degli oratori per la gioventù. Tentò tutte le vie per acquisire un pezzo di terreno per costruire almeno quello maschile, ma invano; iniziò allora con quello femminile grazie alla cortese disponibilità della direzione dell’asilo infantile, mentre per quello maschile si continuò provvisoriamente a utilizzare la chiesa di San Francesco con la rispettiva piazzetta.

Quando nel 1919 avvenne la chiusura dell’incannatoio Gussi di via Vallicella provvide alla sua acquisizione; lo adattò e lo adibì a oratorio maschile; fu poi la volta della chiusura dello stabilimento Gerli di via Lodovica (1933), che don Francesco acquistò e trasformò in oratorio femminile.

Dal Chronicon parrocchiale emerge tutta l’ansia del pastore attento alle esigenze anche materiali della povera gente contadina, dedita a un’agricoltura di sussistenza faticosa, e mal organizzata; per questo nel 1920 fondò in paese la Lega Cattolica dei contadini.

Nel 1921 realizzò il restauro della cupola campanaria e promosse una sottoscrizione per il rinnovo dei quadri della Via Crucis in chiesa (1925) occupandosi successivamente (1927) del restauro della chiesa sussidiaria di San Francesco che minacciava di crollare.

Fu un prete di profonda pietà eucaristica e di intensa devozione al Sacro Cuore: per questo volle accogliere in parrocchia nel settembre 1925 il Congresso Eucaristico della Gioventù Cattolica della Plaga di Vimercate e l’anno successivo andò pellegrino a Lourdes: dopo quel viaggio si rinforzò nella sua devozione mariana e realizzò, non senza ostacoli, la grotta a fianco della chiesa. In quello stesso anno, il 1932, le accresciute esigenze pastorali avevano reso necessaria l’elezione a parrocchia della ex frazione di Velasca; don Calchi Novati si era fatto promotore dell’avanzamento dei lavori per la nuova chiesa.

Nel 1929 c’era stata la soppressione del comune di Oreno.

Ebbe come sacerdoti coadiutori: don Romeo Rosa (a Velasca); don Alfonso Arese (1921); don Barnaba Stucchi (1922); don Arturo Salvioni (1925); don Ercole Colombo (1935) e don Carlo Sada (1937).

Nelle tensioni partitiche che caratterizzarono il primo dopoguerra il parroco dovette fare da mediatore tra le tensioni che dividevano la parrocchia e che giunsero a coinvolgere anche alcuni coadiutori; don Rosa, preso dalla passione politica e fattosi portavoce in paese del nuovo partito liberale assunse atteggiamenti di frontale opposizione verso don Francesco: il parroco ne soffrì molto ma rispose con le armi della carità e della pazienza.

Durante gli anni del suo ministero celebrarono la loro prima messa i concittadini: don Giulio Penati, don Carlo Odescalchi e don Paolo Penati.

Giunto a tarda età, cagionevole di salute e afflitto da una forte sordità, fu affiancato da un vicario spirituale, il padre Oblato don Marco Scandroglio, che lo assistette fino alla morte che sopravvenne a Milano il 3 aprile 1950, dopo 35 anni di attività pastorale.


Don Giovanni Cacciamognaga

Don Giovanni Cacciamognaga nasce a Monza il 1° ottobre  1860 da Beniamino e Paolina Caprotti.

Ordinato sacerdote il 19 maggio 1883 viene inviato a Fara d’Adda nella pieve di Treviglio come coadiutore.

Fa il suo solenne ingresso come parroco di Oreno il 1° Gennaio 1899.

Dopo soli 16 anni di zelante ministero nella nostra parrocchia muore il 26 agosto 1915.

Don Giovanni iniziò il suo ministero inaugurando il primo Liber chronicus della parrocchia con la registrazione dei fatti più salienti della vita del paese. Fissò le regole liturgiche con la stesura dello Zibaldone così ogni solennità, anniversario e ricorrenza liturgica avrebbero avuto l’apparato e il cerimoniale appropriati. Ad appena due mesi dal suo arrivo a Oreno chiese e ottenne dalla curia il permesso di conservare la Santa Eucaristia nella cappella delle suore dell’asilo e il 18 marzo vi portò solennemente il Santissimo; estese a tutti i giorni feriali della settimana la pia pratica della benedizione serale con il Santissimo Sacramento.

Una prima amara constatazione che il nuovo parroco fece, arrivando in parrocchia, fu quella di riscontrare il cattivo vezzo degli orenesi di frequentare molto scarsamente la dottrina domenicale. Per togliere ogni motivo di evasione ricorse a una singolare iniziativa: patteggiando, ottenne dagli osti del paese una dichiarazione con la quale si impegnavano a chiudere le loro rivendite di vino la domenica pomeriggio, dalle ore 13,30 alle ore 15, durante la spiegazione della dottrina cristiana in chiesa, in tutte le domeniche e nelle principali festività.

In occasione della festa del Corpus Domini del 1900 fece sfilare per la prima volta in processione una dozzina di ragazzetti vestiti da “paggetti” (il tradizionale abito che portava san Luigi Gonzaga da “borghese”) e nel gennaio del 1901 introdusse la devozione al Sacro Cuore con la consuetudine del 1° venerdì del mese. Sua fu l’iniziativa di porre una grande statua del Sacro Cuore dentro il tempietto dell’altare maggiore con dietro una raggiera dorata, realizzata in ricordo della Missione cittadina di quell’anno. La statua, fatta in seguito togliere dal cardinale Schuster perché non consona alle disposizioni liturgiche del tempo, si trova ora nell’ex oratorio della confraternita, a lato dell’altare maggiore.

Don Cacciamognaga continuò l’opera di abbellimento e di arredamento della chiesa parrocchiale.

Il 15 gennaio 1901 promosse la sua prima grande opera. Con la fattiva collaborazione del suo coadiutore don Francesco Caimi e la generosità della sua gente, diede inizio al nuovo concerto delle campane.

Il 2 febbraio 1901, festa della Candelora, cioè di Cristo luce del mondo, inaugurò il primo impianto di luce elettrica nella nostra chiesa, lasciando scritto: “spesa complessiva di lire 200, un vero sacrificio da parte della Fabbriceria!”. Il 12 maggio dello stesso anno, a completamento dell’organo, fece ultimare il loggione della cantoria, opera dei fratelli Biraghi di Oreno.

Il 29 giugno 1901 istituì la Pia Unione contro la bestemmia e il parlare disonesto e indisse la prima Missione cittadina, separatamente per gli uomini e per le donne; il 31 dicembre 1904 provvide alla revisione dello Stato d’Anime che risultò essere formato da  2690 parrocchiani suddivisi in circa 300 famiglie, con una media di 8-9 persone per famiglia, compresa Velasca.

Nel 1905, il parroco e il nobile Antonio Menclozzi, “regalano ai loro contadini un aratro sout bend chilled polw co., tipo americano, perché smettino l’uso della vanga fatalissima ora tra noi a creare asmatici”.

L’8 settembre 1906 benedisse la statua di Maria Bambina e la portò processionalmente nella cappellina delle suore dell’asilo.

Nel 1907 ricorse il 50° anniversario della consacrazione della chiesa. Grandi festeggiamenti e visita pastorale del cardinale Ferrari con la sacra ordinazione sacerdotale, proprio nella nostra chiesa, del concittadino don Adriano Bernareggi (futuro arcivescovo di Bergamo), con altri quattro sacerdoti.

L’anno successivo, in occasione della ormai tradizionale festa della terza domenica di luglio in concomitanza con i festeggiamenti del 25° anniversario di sacerdozio, vennero inaugurati: il coro ligneo, opera dei fratelli Biraghi come il loggione della cantoria, il pulpito, i vetri delle finestre del presbiterio, le mezzelune dell’altare maggiore e la balconata della casa parrocchiale.

Il 25 ottobre cooperò alla fondazione del circolo Fratellanza, il 3 novembre inaugurò l’archivio parrocchiale, il 20 novembre 1908 don Giovanni presenziò all’esumazione della salma dell’abate Mozzi, grande figura di pastore e di educatore, ancora vivissimo nella memoria tramandata dei bergamaschi di allora; nel luglio 1913 presedette in parrocchia le onoranze per il centenario della morte dell’abate, cui partecipò una larga rappresentanza del clero bergamasco, tra cui don Angelo Roncalli, poi papa Giovanni XXIII.  Il parroco annota sul Chronicon la risonanza che l’avvenimento ebbe: ne parlarono per più giorni l’“Eco di Bergamo” e l’“Italia di Milano”.

Il 17 aprile 1910, terza domenica dopo Pasqua, in occasione della annuale processione del Patrocinio di san Giuseppe (che prima della costruzione dell’attuale chiesa parrocchiale era ritenuta la sagra del paese, sostituita poi dalla terza di luglio), il parroco dotò la nostra chiesa di un bellissimo reliquiario; il 1° giugno 1914 benedisse la nuova cascina Lodovica, che sostituiva la vecchia costruzione andata distrutta da un incendio.

A don Giovanni piaceva molto viaggiare: compì il pellegrinaggio in Terra Santa, fu a Oberremergau in Germania per la rappresentazione della Passione, partecipò ai Congressi Eucaristici Internazionali di Colonia, Madrid e Vienna.

Colse nei suoi anni di sacerdozio a Oreno anche molti frutti maturi della sua semina e di quella dei predecessori:

– 15 aprile 1900: prima messa di don Domenico Bernareggi, futuro vescovo ausiliare di Milano;

– 21 ottobre 1906: vestizione clericale di don Francesco Gariboldi, poi parroco a Osnago;

– 22 luglio 1907: ordinazione sacerdotale e prima Messa di don Adriano Bernareggi, futuro arcivescovo di Bergamo;

– 23 ottobre 1910: vestizione clericale di don Edoardo Panceri, poi monsignore prevosto di Santa Francesca Romana di Milano;

– vestizione clericale di don Giulio Penati, cappellano militare.

Poi la sua salute, che fu sempre molto delicata nonostante l’intensa attività, andò declinando, minata da un irriducibile diabete; spirò il 26 agosto 1915, alle ore 18, sereno e purificato da lunga sofferenza:

Cacciamognaga Don Giovanni di Beniamino e di Caprotti Paolina, di anni 54, Sacerdote, parroco di Oreno, è morto il giorno ventisei Agosto mille novecento quindici in Oreno, munito di tutti i SS. Sacram. e Bened. papale, sepolto nel Cimitero di Oreno. Parroco di Oreno dal 1° gennaio 1899 al 26 Agosto 1915. f.to Sac. Fran.co Caimi Coad.

Ora i suoi resti mortali sono conservati nella cappella centrale del cimitero nuovo, accanto alla salma del parroco Zaffaroni e ai resti mortali dell’abate Mozzi.


Don Giovanni Battista Boffa

Don Giovanni Battista Boffa nacque a Vimercate nel 1818, figlio di Carlo e di Angela Rossi.

Dopo aver frequentato i vari seminari fu ordinato sacerdote nel 1841 e destinato coadiutore nella nativa Vimercate, ove rimase per ben 28 anni; indi fu eletto parroco di Oreno nel 1869.

Don Giovanni Battista aveva un fratello, anch’egli sacerdote, don Ottavio.

Dopo aver retto il governo della parrocchia per quasi 29 anni, morì il 30 maggio 1898.

Al nuovo parroco toccò l’onere di provvedere all’estinzione del debito contratto per la nuova chiesa; onde sopperire alle gravose difficoltà finanziarie ancora incombenti e avere a disposizione dei fondi per l’abbellimento della stessa, nel 1870 il parroco fu costretto a vendere la chiesetta di San Pietro Apostolo in Vallicella alla famiglia di Sala Filippo, detto del Gajanello, il quale trasformò l’edificio in abitazione privata: la parte superiore in camere da letto e la parte inferiore in osteria e posteria con forno per il pane.

Provvide quindi alla prima decorazione della chiesa, compresi i due affreschi dell’altare maggiore, raffiguranti l’agonia di Gesù nell’orto del Getzemani, a sinistra, e una scena della Via Crucis a destra.

L’anno 1882 ricorrendo il primo venticinquennale della consacrazione della chiesa parrocchiale, il parroco Boffa pensò di sottolineare l’anniversario col dotare la nostra chiesa di un nuovo organo.

La ditta Balbiani di Milano, interpellata, sottopose il suo progetto al parroco e alla Fabbriceria che lo approvarono e, per la terza domenica di luglio dell’anno successivo, l’opera fu compiuta.

Vennero utilizzate le canne esterne del vecchio organo e il tutto venne a costare £ 4.500, delle quali £ 2.500 alla conclusione dei lavori e il restante dilazionato in sei anni.

Il primo pensiero del parroco Boffa fu rivolto alla gioventù, per la quale auspicava  una organizzazione parrocchiale che se ne prendesse cura.

Preoccupato dello spirito anticattolico propugnato dal liberalismo subito dopo l’Unità d’Italia, pensò di mettere la gioventù del paese sotto la protezione di san Luigi Gonzaga, fondando nel 1871 la Compagnia di San Luigi, con la collaborazione dell’attivissimo e zelante coadiutore don Luigi Marazzani.

In breve progredire di tempo gli iscritti, che si chiamavano Luigini, arrivarono al numero di duecento. Lo stesso parroco volle che questa “compagnia formasse […] una cosa sola con l’Oratorio dei Maschi; il quale si tiene i giorni festivi, nell’estate nelle ore dopo i Vesperi, e nell’inverno dopo l’Ave Maria Vespertina”: queste parole, prese dallo Statuto dei Luigini, fanno di questo parroco un precursore degli oratori milanesi. L’associazione dei Luigini venne poi eretta canonicamente nel 1872 e aggregata alla Compagnia primaria di Roma. Da quell’anno, in parrocchia fu introdotta la pia pratica delle Sei Domeniche di San Luigi.

Forse perché la vita dell’oratorio maschile si svolgeva presso la chiesetta di San Francesco, che fu presto sede naturale della Compagnia di San Luigi, il parroco Boffa chiese e ottenne nello stesso 1873 di solennizzare la Festa del Perdono di Assisi; da allora particolare rilievo viene dato nella nostra comunità a questo pio esercizio penitenziale che decorre dal mezzogiorno del 1° agosto alla mezzanotte del 2 di ogni anno. Esercizio questo, privilegiato da indulgenza plenaria, che a quel tempo era riservato alle chiese francescane.

A don Giovanni Battista piaceva molto la musica, specialmente l’accompagnamento della banda nelle processioni solenni. Quella passione era nata fin da bambino e l’accompagnò anche nei 28 anni in cui aveva svolto il ministero di coadiutore a Vimercate, dove esisteva un nutrito corpo bandistico. Nel nostro paese, invece, questa usanza non era ancora stata introdotta, anche perché il precedente parroco Leoni non la poteva sopportare: Quot capita, tot sententia!

Don Boffa invitava allora la banda di Vimercate per le occasioni solenni ma, nel frattempo, incoraggiava  alcuni nostri giovani parrocchiani a frequentare quel corpo musicale.

Dal 1872 al 1876 si ebbero i primi frutti: la Banda di Vimercate partecipava alle processioni con qualche elemento di Oreno; dal 1876 al 1883 il numero degli orenesi facenti parte della banda fu sempre più numeroso, fino a quando, nel 1883, Oreno ebbe finalmente un corpo musicale tutto suo.

Oltre al bene spirituale dei suoi parrocchiani il parroco Boffa era preoccupato anche del loro stato sociale; i contadini di allora avevano serie difficoltà a mantenere una mucca o un asino di loro  proprietà. Figuriamoci poi se una di queste bestie, specie le mucche da latte, veniva a mancare: era la miseria più nera; ricordiamo L’albero degli zoccoli? Ed ecco l’intuizione di don Giovanni che, con la collaborazione del suo coadiutore don Luigi Marazzani, in occasione della festa liturgica di San Sebastiano del 20 gennaio 1885, fondò in Oreno la Società Cattolica di Mutuo Soccorso San Sebastiano contro la mortalità delle bestie bovine ed equine. Il Parroco fu eletto presidente onorario.

Iniziando il registro n. 26, riservato ai funerali celebrati in parrocchia, il parroco Boffa scrisse sulla prima pagina:

Oreno 1° Gennaio 1889 – Col presente registro dei morti si comincia la registrazione dei morti seppelliti nell’ampliamento del Cimitero nello scorso 1888 compito, e benedetto dal M. Rev. Sig. Prevosto di Vimercate Sacerdote D. Giuseppe Comizzoli nel giorno 12 Dicembre 1888. Questa Benedizione venne fatta con tutta la solennità partendo processionalmente dalla Chiesa Parrocchiale coll’accompagnamento dei Confratelli e delle Consorelle, e di tutto il popolo. Sac.te Boffa Giò Battista Parroco.

Cinque mesi dopo, esattamente l’8 Maggio 1889, il parroco Boffa accompagnava al nuovo camposanto una grande figura di orenese, lo storiografo Massimiliano Penati.

Durante la reggenza parrocchiale di don Boffa, precisamente nel 1891, sorse in paese l’asilo infantile che, per la gestione attenta, lo stile educativo del metodo montessoriano, la dedizione delle suore della Carità,  diverrà noto in tutta la zona.

Anche il consorzio delle Figlie di Maria venne eretto a Oreno nel 1895 per opera del parroco Boffa.

Nella terza domenica di luglio del 1896 la solenne tradizionale processione si arricchì del nuovo stendardo delle Figlie di Maria (lavoro della ditta Biella di Milano). Costo stimato in £ 3.000 più £ 75 per le relative torce; metà della spesa totale venne pagata dal parroco.

Dopo 29 anni di servizio alla comunità, il parroco Gian Battista Boffa lasciò questa terra per il cielo:

“Boffa don Giovanni Battista Parroco, di anni 80, figlio di Carlo e di Rossi Angela, morto il 30 Maggio 1898 a Oreno, Parroco di questa parrocchia per 29 anni, Sacramentato, venne sepolto nel camposanto di Oreno – In fede sac. Francesco Caimi Coadiutore”. Il fratello, don Ottavio, provvide per la tomba.

Due mesi dopo, anche la mamma del parroco moriva e il figlio don Ottavio provvide anche alla sua tomba, sempre nel nostro cimitero.


Don Giuseppe Leoni

Don Giuseppe Leoni nasce a Biassono il 19 febbraio 1799 da Aquilino e Teresa Citterio.

Frequenta prima il seminario di Monza, poi il seminario Maggiore di Teologia.

Ordinato sacerdote il 1° gennaio 1822 dal cardinale Gaisruck arcivescovo di Milano, viene destinato come coadiutore alla parrocchia di Vimercate e, nel 1827, diviene rettore della parrocchia di Ornago.

Il 26 novembre 1834 è nominato parroco di Oreno e si insedia nella nostra parrocchia in occasione delle feste natalizie di quell’anno.

A lui si deve l’erezione della nostra chiesa parrocchiale e della casa parrocchiale.

Dopo aver retto il governo della parrocchia per 34 anni, muore il 14 dicembre 1868.

Nonostante gli scarsi mezzi economici a disposizione e le numerose opere ancora in progetto per la costruzione della sua chiesa, il 1° luglio 1848, al fine di sostenere le ingenti spese delle guerre d’indipendenza, compresa la vittoriosa conclusione delle Cinque Giornate di Milano, e in obbedienza alle disposizioni dell’arcivescovo cardinale Romilli, dovette provvedere a devolvere, come prestito gratuito allo Stato, un certo quantitativo di arredi d’argento disponibili.

Terminate le solenni celebrazioni della consacrazione della nuova chiesa, si sarebbe creduto che per il parroco Leoni fossero finite tutte le preoccupazioni. Al contrario, oltre all’esposizione finanziaria in atto, don Leoni dovette affrontare nuove spese per iniziare gli abbellimenti architettonici interni e rinnovare gli arredi sacri, ormai desueti; tra i primi vanno menzionati gli altari laterali e il ciborio dell’altare maggiore, messo in opera nel 1863.

Uno dei primi atti pastorali del parroco Leoni fu l’introduzione nella nostra parrocchia della pia pratica delle Quarantore, stabilendo che si tenesse nella festività di Sessagesima per quell’anno (1835) e per tutti gli anni a venire. Così scrisse all’arcivescovo:

Eminenza Rever.dma,

Per accrescere la divozione all’Augustissimo Sacramento, e per assecondare il pio desiderio del suo popolo, bramando il sottoscritto parroco, servo um.o dell’Em.za Vostra, di istituire l’orazione delle SS.e Quarant’Ore nella Chiesa sua Parrocchiale di Oreno, conforme alla costumanza di molti dei circonvicini paesi.

Umilmente supplica l’Eminenza Vostra degnarsi accordargli la debita facoltà di poter d’ora innanzi ogni anno esporre il SS.o

Sacramento nella Domenica di Sessagesima e nei lunedì e martedì successivi, coll’applicazione dell’indulgenza plenaria applicabile anche alle anime dei defunti per quelli che degnamente confessati e comunicati nei detti tre giorni pregheranno nella sud.a Chiesa innanzi a Gesù Sacramentato.

Col più ossequioso e filiale rispetto

Di V.a Em.za R.ma

Umilissimo ed Obb.mo Servidore

P. Giuseppe Leoni Parroco

Oreno, li 7 gennaio 1835. 

Uomo risoluto don Giuseppe Leoni: nel 1840, andandosi ad affievolire col passare degli anni lo spirito di fedeltà della confraternita maschile del Santissimo Sacramento e venendo meno un certo spirito di disciplina dei confratelli aderenti, non esitò a sciogliere la confraternita stessa ricostituendola subito con un regolamento più adeguato ai tempi e rinnovando le ormai logore divise personali.

Probabilmente l’ansiosa attesa e l’affannosa esecuzione dei progetti per la costruzione della nuova chiesa e della casa parrocchiale incisero sulla fibra del parroco, già non troppo robusta, tanto da procurargli una lunga malattia che, il 14 dicembre 1864, lo portò alla tomba. Aveva da servo fedele guidato il suo popolo per trentaquattro anni. Nelle carte parrocchiali si legge:

Milleottocentosessantotto il giorno quattordici Dicembre il Sacerdote Leoni Giuseppe, figlio di Aquilino e Teresa Citterio, nato in Biasonno nell’anno 1799 e nominato Parroco d’Oreno nell’anno 1834, munito dei SS. Sacramenti, spirava nel bacio del Signore alle ore 9.1/2 antimeridiane dopo longa e penosa malattia sostenuta con religiosa virtù.

Le sue esequie si compirono il giorno sedici corr.te mese coll’intervento di dodici Sacerdoti giusta la sua disposizione testamentaria. Sotto questo degnissimo Parroco che resse con grande amore la propria parrocchia per ben 34 anni si fece la costruzione della nuova Chiesa e casa Parrocchiale. In fede Sac. Boffa G. Battista Coad. Vicario Spirituale di Vimercate, Viciniore.

Secondo le sue volontà fu sepolto furtivamente nella parrocchiale sotto l’altare della Madonna, dove le spoglie si trovano tuttora. Così, a detta dei furono Mandelli Clemente, Brioschi Carlo, Brioschi Angelo, esecutori della sua volontà, come riferirono all’allora coadiutore orenese don Francesco Caimi prima che questi (1919) lasciasse il paese perché nominato parroco a Misinto.